La retribuzione

Non è il solo stipendio che serve a trattenere i "migliori"
per evitare che si spezzi la catena dell'efficienza
Molti detentori di know-how (knowledge workers) attribuiscono un'importanza limitata alla retribuzione come strumento di ritenzione. La retribuzione conta, senza dubbio, ma nel senso che non si possono assumere trattenere dei collaboratori validi se non si offre loro una remunerazione equa e competitiva. Anche le persone più attaccate al lavoro che ai soldi vedono nella retribuzione un segno di apprezzamento per il loro impegno e per le loro capacità. Se si sentono sottovalutati se ne vanno.

Ma, come sappiamo, la retribuzione non è un fattore motivante vero e proprio. Frederick Herzberg, il padre della motivazione, scoprì che gli incentivi più comunemente usati dai datori di lavoro allo scopo di motivare - compresi gli aumenti retributivi - producono,
ad andar bene, un miglioramento temporaneo della performance. Ciò è confermato da diversi studi.

Peter Cappelli, docente ed esperto di risorse umane, offre questi consigli per gestire la retribuzione secondo un'ottica di mercato:

  • pagare dei consistenti extra ai collaboratori in possesso di competenze rare e preziose. Così facendo li si trattiene nei periodi critici: per esempio, nelle fasi finali di progettazione di un prodotto-chiave. L'erogazione degli extra verrà a cessare quando le competenze in questione diverranno più disponibili o meno importanti per l'azienda;
  • pagare bonus d'ingresso rateizzati: per esempio spalmare il bonus d'ingresso del nuovo direttore su cinque anni.

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